Dal blog alla libreria: Starmale è cult (da bluecult.it)
Nasce dal mensile di “cose brutte, malessere e disagi” starmale.net, eppure ha tutte le premesse per essere una lettura assolutamente piacevole e che farà star bene. O almeno sorridere sentendosi parte del comune senso della sfiga. L’ideatore del sito e autore del libro Starmale (Chiarelettere) in libreria dal 4 dicembre è Emanuele Martorelli, blogger de “Il Fatto Quotidiano”, videomaker e musicista che spopola in rete come Indirettore della “guida ragionata a un malessere consapevole”, ricca di ironia, giochi di parole, videoparodie ed esilaranti oroscopi.
Perché Starmale ha tanto successo? Forse perché finalmente con il tuo sito e ora il libro non ci sentiamo obbligati a stare bene a ogni costo e possiamo essere liberi di dare sfogo a tutte le nostre frustrazioni e angosce?
Forse perché non bisogna arrivare fino in edicola per acquistarlo. Non so quantificare quanto successo abbia e le varie ragioni. Sicuramente ha toccato alcuni nervi che magari erano già scoperti, ma di fatto trascurati. A me ha rivelato un’onda anomala del tutto inaspettata. Che premia un modo rigoroso di trattare la satira.
Tutti i giochi di parole per svilire o modificare il significato: perché Indirettore?
In Italia è in voga la non assunzione delle responsabilità. Volevo portare al trionfo questo concetto. Non solo: la parola indirettore svincola da un incarico che al momento è, di fatto, non vincolante, vista la poca cautela con cui molte testate affrontano e trattano le notizie. Proprio in questi giorni l’Ordine dei Giornalisti, vista la totale assenza di controllo esercitata, corre ai ripari annunciando diffide a chi abusa della professione. In questo senso dire indirettore implica una responsabilità maggiore verso un ruolo oggi in larga parte svilito. Senza contare che, nei casi di delirio di onnipotenza, è efficace per un corretto ridimensionamento.
Starmale rimanda immediatamente alle riviste che si occupano del benessere psicofisico, ma lo scopo non è parodiare queste, bensì evidenziare come il malessere pervada tutti, prima o poi. E soprattutto che la rincorsa al superfluo è una delle cause principali. O ho capito male?
Il malessere e gli atteggiamenti deprecabili esistono, al pari delle manifestazioni di benessere. Le seconde hanno ampio rilievo seppure in una maniera scomposta ed ossessiva, mentre per le prime c’è un veto malcelato. Se ne parla, ma sempre con una pudica censura e in relazione alla “cura”. Siamo composti disorganici fatti anche di risentimento e stizza: pazienza. Starmale opta per un affondo non ponderato sul disagio e su certe tematiche. E’ solo una scelta alla base, una prospettiva (col)laterale. Quando tutto questo sarà passato la rivista verrà ribattezzata Starmeglio.
ZoOdiaco: ti occupi anche di astrologia? Le caratteristiche sono quelle dei segni, ma ovviamente con l’accentuazione degli aspetti più negativi e da nevrotici: fai del tema natale un supporto alla psicologia, come Jung?
Gli oroscopi giornalieri mi interessano poco, molto di più le caratteristiche zodiacali. L’astrologia si basa su un’osservazione di fenomeni presenti in natura. Può essere utile rimarcare l’appartenenza a leggi naturali: è una cosa che ci obbliga a riconnettere una interiorità a circuito chiuso (e in alcuni casi trascurabile) con l’esterno. Seppure risulti un duro colpo per l’ego, può servire a dare alle persone un’idea più ampia di quello che sono o, nell’eventualità, di quello che potrebbero essere. L’idea è fare del tema natale un supporto alla psicosomatica e agli atteggiamenti scomposti. Da profano con una curiosità ingestibile, mi interessa l’interdisciplinarietà e i risvolti inaspettati che spesso questa fa emergere. Proprio come la fusione di generi nell’arte (“Twin Peaks” di Lynch è catalogabile sotto le voci: soap opera, fantascienza, horror, thriller. Un bel risultato per una telenovela non brasiliana).
Test psicoattitudinali: per le attitudini alla depressione, all’attirarsi negatività o altro? Chi li ha preparati?
Li ho preparati io con l’aiuto di qualche collaboratore (uno su tutti Alessandro Martorelli, che a dispetto del cognome non è mio parente: un’occasione di nepotismo buttata). I test sono un tentativo voluto di stabilire un contatto non dozzinale con i lettori. Quando mi sono ritrovato a gestire un vasto numero di utenti su una piattaforma esplosa da un momento all’altro, la prima cosa che ho voluto fare è stata quella di chiedere a chi ci legge cosa avesse da dire su alcuni temi che mi hanno sempre toccato e incuriosito. E che spesso prevedono una autoanalisi disturbante. Lasciando loro la piena libertà sul modo in cui dircelo: in rima, in maniera ironica, drammatica o criptica. Le riviste che cercano di coinvolgere gli utenti con sondaggi da codice binario dovrebbero impiegare quegli spazi con pagine da colorare. Come ho già scritto il “cosa vi piace” non ci interessa. Non capisco perché dovrebbe interessare ai lettori.
L’angolo del rifiuto: in che cosa consiste? È per capire che quell’angolo, in realtà, è affollato di gente?
Quella rubrica cerca di dare un’idea più precisa di cosa stia accadendo nel mondo del lavoro oggi, scendendo nel particolare. E’ un angolo dove si possono segnalare (s)offerte di lavoro ad impatto e dignità zero. In cui si invitano i lettori a formulare delle risposte a quelle offerte, perché non credo basti più la semplice constatazione. La consapevolezza fine a sé stessa è immobilità. Occorre offrire uno specchio, rimandare al mittente alcuni messaggi, in modo particolare a chi si prende la briga anche solo di scrivere “cerco articolista serio, preparato, compenso un euro ad articolo”. L’idea di collaborazione è spesso accomunata al gratuito. In questi casi l’unica cosa a cui dare gratuità dovrebbe essere la risposta. Questa è la nostra migliore offerta: “cercasi caporedattore con pluriennale esperienza in testate nazionali ed estere per stage non retribuito presso la nostra redazione. Ottima visibilità, no buoni pasto”. Starmale stesso è una raccolta a pattumiera di tutto il materiale che molte redazioni mi hanno scartato o richiesto gratuitamente. E’ il compimento del rifiuto.
In che cosa consistono i gadget? Servono a ridere della propria sfiga esistenziale? Dell’inutilità del superfluo?
Sono idee. Mi piace il design ma tendo sempre ad esagerare. Non so a cosa servano. Ma il solo pensiero che qualcuno possa far colazione alle sette del mattino con una tazza con su scritto “io non faccio per me” o aprire un frigorifero con un calamitato che recita “la modernità si soffre al metroquadro” mi mette di buon umore.
La poltrona del transfert come protagonista assoluta delle sedute psicoanalitiche dei tuoi video: ce la spieghi?
C’è un tipo di malessere ostentato oggi che mi pare gratuito e inconsistente. Al momento la maggioranza delle persone lamentano una condizione di disagio. Per molte può diventare un atteggiamento preventivo. L’idea di quello spot è che spesso una poltrona statica può rivelare più carisma di certe personalità che cercano l’ingombro e l’incisività, ma che di fatto ottengono il risultato opposto.
“Segnaleremo dei link con rinvio ai siti delle librerie della distribuzione per effettuare un pre-ordine: ai librai confermerà un’inadeguatezza del sistema distributivo italiano, ancorato a leggi di marketing targate 1947. Servirà inoltre a rimarcare il dato che la crisi editoriale nel nostro paese è di intenti, prima che di mezzi”: ce lo commenti?
È una frase come un’altra per ostentare disprezzo verso un sistema di cose che semplicemente non funziona più. Il fatto che molti librai ci dicano di non sapere dove collocare il mio libro è sintomatico. È un momento storico di rottura, molte cose sono al capolinea e altre stanno venendo fuori. Si parla di inventiva e ricettività da anni, ma il meccanismo che dovrebbe far girare le idee le frena in maniera costante. Ci sono dei problemi evidenti e questo è innegabile. Ma trincerarsi dietro l’alibi della crisi è vile, oltre che inutile.
Il “Social dry cleaner” per cancellare i post dalle bacheche altrui, come dimostrazione che “la democrazia è un’invenzione dei media”: cosa significa?
Significa che non basta avere una piattaforma collegata online per darsi l’impressione di comunicare in maniera efficace.